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Creare una maschera

Parametrico o manuale?

Negli articoli precedenti abbiamo visto il chroma-key e il luma-key, questi due tool ci permettono di isolare alcune parti di una immagine per poi applicare una color correction. Non tutti gli oggetti in scena però possono essere isolati facilmente con tool parametrici, in questi casi dobbiamo ricorrere alle maschere. Quale metodo usare quindi ?

paint mask

 

Differenza tra maschere.

Le maschere possono essere di due tipi: parametriche e manuali. Le maschere parametriche vengono create da funzioni matematiche ( il chroma-key ne è un buon esempio) mentre quelle manuali vengono costruite mediante un continuo intervento umano. Per costruire le maschere manuali, il compositor utilizza dei control point oppure dipinge letteralmente la maschera frame per frame. Nei tool di rotoscoping, sono presenti diversi parametri che permettono di affinare la maschera aggiungendo blur, sfuocando i bordi, ecc. Nei prossimi articoli vedremo l’importanza delle maschere e il loro utilizzo incrociato, utile per risolvere shot particolari.

 

Creare un chroma-key

Colore, Saturazione, Luminosità.

Il chroma-key permette di creare maschere analizzando il colore dei pixel in un frame. A differenza del luma-key che lavora solo su livelli di luminanza, il chroma-key prende in considerazione tutti gli aspetti di un pixel ( colore, saturazione e luminosità). Agendo su più valori contemporaneamente, il chroma-key è più selettivo del luma-key e di conseguenza identifica porzioni di immagine più specifiche.

L’utilizzo del chroma-key è simile al luma-key ma permette di isolare canali di colore specifici, ad esempio solo il rosso, definendo anche un range di hue, saturation o brightness a cui essere tollerante. Se ad esempio abbiamo un maglione rosso da voler bucare, il chroma key si comporta in modo egregio e settando una certa tolleranza alla saturazione e luminosità, è possibile selezionare anche i pixel della maglia meno rossi o soggetti a un leggero cambiamento di illuminazione.

chroma-key

Spesso però in scena sono presenti oggetti con tonalità di colore molto simili, il chroma-key potrebbe selezionare quindi anche parti non volute, in questo caso ci viene sempre in contro la garbage matte che isola in modo molto approssimativo le zone di nostro interesse. Anche le zone in ombra possono creare problemi al chroma-key.

La principale funzione di questo keyer, come il luma-key, è isolare parti di una immagine per una correzione colore. Gli attuali strumenti di compositing utilizzano tool più avanzati per estrarre il matte da un greenscreen poichè dispongono di controlli più avanzati e sensibili. E’ importante ricordare che il tool è totalmente indifferente nel mondo dei vfx, bisogna utilizzare sempre il tool più veloce, completo, semplice da modificare e che dia i risultati voluti. Spesso però questi fattori si scontrano anche con l’aspetto economico del software e quindi aziende di vfx con budget bassi sono costrette a lavorare con tool datati.

 

Creare un Luma-key

Luminanza e Brightness.

Un luma-key è una chiave creata dai canali di luminanza e brightness di una immagine. La maschera ottenuta è generalmente utilizzata per operazioni di color correction. I migliori luma-keyer sono in grado di animare le diverse impostazioni; grazie ad un controllo sui keyframe è possibile migliorare la maschera di foreground.

lumakey

I luma keyer funzionano molto bene nelle immagini con grandi contrasti di luminosità, ad esempio lampade incandescenti su sfondi piu scuri o qualsiasi sorgente luminosa molto luminosa rispetto al resto dei pixel. Il keyer può essere utilizzato per isolare la parte più chiara o più scura mediante l’inversione.

Quando sono presenti corpi estranei è possibile sempre disegnare una garbage matte in modo da limitare la zona di azione. Agendo con una semplice moltiplica dei due layer, si possono eliminare le zone estratte dal keyer mediante maschere manuali o parametriche. E’ importante anche considerare che i luma-keyer sono ormai tool molto antichi e vengono utilizzati esclusivamente per filtrare zone con alte percentuali di luminosità. Le maschere generalemnte non sono molto accurate e i software di compositing posseggono strumenti molto più potenti e complessi. In ogni caso capire come in origine venivano estratte le matte, permette allo studente di seguire l’evoluzione fino a raggiungere i migliori strumenti sviluppati per il mercato cinematografico.

 

Key, Matte, Alpha, Mask

Caratteristiche in comune.

Prima di approfondire l’utilizzo delle maschere nel compositing, è importante capire le diverse nomenclature. Spesso nei diversi software troviamo nomi che si riferiscono alle stesse cose. Il motivo di questa situazione è il lavoro contemporaneo svolto da diverse aziende del settore, ognuna della quali attribuisce un nome al proprio prodotto. In genere, le key, matte, alpha, mask sono la stessa cosa e si identificano in un canale monocromatico che informa il software di quali pixel tenere in considerazione e quali no. Vediamo di ricostruire le differenze tra le diverse nomenclature.

mask

  • Il key è spesso utilizzato al posto di matte, si riferisce ai pixel di foreground o background durante un greenscreen o bluescreen compositing. Il nome deriva dall’utilizzo dei primi strumenti di chroma-key e luma-key.
  • Matte è un termine che si alterna con key, in realtà sono esattamente la stessa cosa ma da un punto di vista etimologico è legato alla post produzione in-camera.
  • Alpha è un termine che indica i pixel di foreground di una immagine digitale. Il nome deriva principalmente dall’out delle immagini cgi in cui il matte viene memorizzato nel canale alpha del container.
  • Mask è un termine generico e spesso viene utilizzato come isolatore di funzioni. Ad esempio una color correction o una funzione di blu vengono limitate da una selezione, spesso fatta a mano.
 

Problemi nei Film e Video – Green e Bluescreen

Consigli e problemi.

L’utilizzo della migliore pellicola è sempre raccomandato. La grana è un fattore determinante durante il processo di keying e despill. La Kodak, ad esempio, con il modello SFX 200, si pone davanti a tutti per gli ottimi risultati ottenuti durante le riprese in green e bluescreen. Lo svantaggio è il prezzo.

Le pellicole a 16 mm oscillano notevolmente durante le riprese; questo movimento crea problemi durante il compositing ed è risolvibile in parte mediante l’utilizzo di software di image stabilization. Le pellicole a 16 millimetri presentano anche una composizione di grana maggiore rispetto a un 35 mm ed i relativi problemi sono visibili nelle zone di scarsa illuminazione e durante il keying.

Le camere digitali hanno sensori in grado di catturare lo spettro luminoso e la loro struttura determina la qualità dell’immagine. Nei greenscreen è fondamentale riprendere con camere che abbiano campionamento 4:2:2 o meglio ancora 4:4:4 ( parleremo del campionamento nei prossimi articoli). E’ necessario ridurre al minimo la compressione delle immagini, meglio ancora se non presente.

greenscreen

Effettuare una foto con un plate pulito durante una ripresa su greenscreen è una marcia in più per il keyer. Chiaramente se la camera non è ferma questa tecnica risulta inutile. Nel caso in cui si riprenda mediante il motion control, un plate pulito aiuta notevolmente il software a estrarre una buona maschera.

Se è necessario traccarre lo sfondo, posizionare almeno 3 tracker e assicurarsi che siano visibili in tutti i frame del girato; se qualche tracker viene coperto dal character, aggiungere ulteriori trackers. Utilizzare trackers a croce in modo da avere un punto di intersezione con forte contrasto durante il tracking. Posizionare i trackers in modo che la loro forma sia ben visibile durante tutta la ripresa. I colori dei trackers possono variare, spesso il colore non è fondamentale poichè verranno cancellati in post. Nel caso in cui si voglia cancellare i trackers mediante keyer, colorarli con lo stesso colore di backing ma con una leggereza variazione.

 

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Giovanni Di Grezia